Nonostante
il culto di S. Agnese, giovanissima
vergine e martire, sia stato
molto popolare tra i cristiani
- specialmente di Roma - sin
dagli anni successivi alla sua
scomparsa, la sua storia personale
si basa su diverse fonti incerte
e contraddittorie.
Vediamo innanzi tutto quali sono i punti certi, che trovano riscontro in diversi autori:
Possiamo inoltre supporre che il martirio sia avvenuto nel corso dell'ultima, tra le persecuzioni di cui furono vittime i cristiani romani: quella operata da Diocleziano tra il 303 e il 313 d.C.
A parte questi pochi, ma già significativi dati, diverse tradizioni ci sono state tramandate in merito alla storia della santa.
Ecco le principali fonti sulla storia di S. Agnese:
1) Papa Damaso (366-384), che riporta la storia in un carme scolpito su una grande lastra di marmo, attualmente murato sulla parte est dello scalone che conduce alla basilica onoriana, vicino alla vetrata d'ingresso;
2) S. Ambrogio (337-397), che esalta S. Agnese nel De virginibus (377 circa) e nell'inno Agnes beatae virginis;
3) Prudenzio (340-405), grande poeta cristiano spagnolo, che canta la Santa nell'inno XIV del suo Peristephanon, pubblicato nel 405;
4) La Passio latina (Passio Sanctae Agnetis), testo agiografico del V secolo basato sulla tradizione popolare, che probabilmente veniva proclamato nel giorno di ricorrenza della nascita di Agnese;
5) La Passio greca, composta nel V secolo e subito tradotta in siriaco, in cui si parla del martirio della Santa.
Vediamo ora di ripercorrere più in dettaglio la storia di S. Agnese, con le sue diverse varianti, sulla base di quanto riportato dalle varie fonti.
Secondo
Damaso, il martirio di
Agnese consistette nel rogo,
che ella affrontò con
coraggio e con l'estremo atto
pudico di coprirsi il corpo
nudo con la folta chioma dei
capelli. L'associazione
tra fuoco e denudamento ha fatto
pensare (Frutaz) alla pena delle
fiaccole con cui si ustionava
il corpo, per poi finire la vittima
con un colpo di grazia. Del resto
le ossa di S. Agnese non presentano
tracce di combustione.
S.
Ambrogio, basandosi su tradizioni
orali, parla della costrizione
ad adorare dèi pagani,
e di un tiranno che la
voleva ad ogni costo prendere
in sposa. Agnese, rifiutando,
preferì il martirio, che
però le venne dalla spada
del carnefice, invece che dal
fuoco, anche se non è
specificato se si trattò
di decapitazione o iugulazione
(taglio della gola). Ugualmene
presente, nel racconto del vescovo
di Milano, la volontà
di coprirsi le nudità,
ma in questo caso per mezzo di
una veste.
Prudenzio introduce un nuovo elemento, raccogliendolo dalla già consolidata tradizione: la costrizione ad essere esposta in un postribolo. I frequentatori non avevano neanche il coraggio di guardarla, ad eccezione di un giovane, che desiderava possederla, ma non riuscì ad arrivare al suo scopo, a causa di un bagliore che lo accecò negli occhi, dovuto ad un angelo vestito di bianco, che la serviva come guardia del corpo. La morte, per questo autore, arrivò per decapitazione.
Per la Passio latina, il carnefice di Agnese è il Prefetto di Roma, il cui figlio si era innamorato della ragazza tornando da scuola. Il denudamento forzato, e il conseguente gesto pudico, preludono all'avvio della ragazza al postribolo.
Interessante è notare come la tradizione popolare situasse tale luogo infame in un fornice dello stadio di Domiziano, detto anche circo agonale, dalla cui forma è scaturito il perimetro di Piazza Navona. La piccola chiesa che vi era stata costruita nell'VIII secolo, venne più volte ricostruita, ed infine sostituita nel XVII secolo dalla maestosa chiesa di S. Agnese in Agone, progettata dagli architetti barocchi Carlo Rainaldi e Carlo Borromini su incarico di papa Innocenzo X. Mentre dunque S. Agnese fuori le mura ricorda il luogo di sepoltura della Santa, la chiesa di Piazza Navona serba la testimonianza topografica del suo martirio.
Per la Passio greca, S. Agnese è invece una persona adulta, che accoglie attorno a sé molte matrone, alle quali fa conoscere Cristo. Denunciata al Prefetto, viene esposta nel postribolo, da cui però esce illesa.
In conclusione, possiamo dire oggi che è importante inquadrare la figura di Agnese nella sua cornice storica. In un clima di conflitto e di persecuzione come quello vissuto dai cristiani all'inizio del IV secolo a Roma, non deve stupire che credenti di tutte le età fossero disposti all'estremo sacrificio per testimoniare l'appartenenza alla chiesa emergente. Va inoltre considerata la profonda impressione che deve aver suscitato, all'interno della comunità cristiana, la morte di una ragazza ancora nel periodo della pubertà, nel clima tragico di quegli anni.
Non è quindi così difficile da comprendere come mai una santa bambina, dalla biografia assai incerta, abbia potuto suscitare tanta venerazione tra i cristiani di Roma, specialmente nei primi secoli della Chiesa, e come la verginità sia potuta diventare, nel tempo, il suo attributo più rilevante.