Le grandi innovazioni prodotte dai Romani nel campo architettonico furono rese possibili dalla ricerca di nuove soluzioni tecnologiche.
Essi riuscirono non solo a migliorare i tradizionali sistemi costruttivi etruschi ed ellenistici, ma ad inventarne di nuovi.
Una scoperta decisiva fu quella del cemento (opus caementicium): un impasto fluido di calce, sabbia ed acqua, che veniva colato dentro casse di legno per ottenere le strutture portanti, a volte curve.
Altre volte il cemento era amalgamato con pietrisco o frammenti di laterizio, e versato fra due muri laterali di contenimento che fungevano, ad opera finita, da paramento esterno (sistema "a sacco").
I muri venivano costruiti con diverse tecniche (ognuna delle quali detta opus).
Opus
quadratum: strutture in blocchi regolari
di forma parallelepipeda. In uso fin dal periodo arcaico (fine VII-inizi
VI sec a.C.), è la tecnica che si preferì a Roma nelle costruzioni più
antiche: si trova nella Cloaca Massima, nelle Mura Serviane, nell'Acquedotto
Claudio e nel Tabularium.
Opus
incertum: con l'introduzione delle malte
e dell'opus caementicium si
rende necessario l'uso di paramenti, coerenti con il nucleo, composti
di elementi di dimensioni più ridotte. Il più antico tipo di paramento
è l'opus incertum, costituito
da tufelli di forma piramidale, con il vertice immerso nel nucleo cementizio
del muro e la base di forma irregolare lasciata in vista. I più antichi
esempi di questa tecnica a Roma risalgono ai primi decenni del II secolo
a.C.: tempio della Magna Mater, Porticus
Aemilia.
Opus
quasi reticulatum. Nei paramenti dei muri
in opera camentizia si può notare una progressiva tendenza alla regolarizzazione
della parte a vista, attraverso la realizzazione di tufelli dalla base
sempre più quadrata. Si tratta di un processo continuo, in cui si può
evidenziare la fase conclusiva, l'opus
reticulatum,in cui i giunti tra i tufelli tendono a collegarsi in una
linea continua a formare, appunto, una rete. I più antichi esempi di questa
tecnica risalgono alla fine del II sec a.C.: Fonte di Giuturna, casa dei
Grifi sul Palatino.
Opus
mixtum: nato dall'unione fra l'opus
incertum e l'opus reticulatum. Già alla fine della
Repubblica era iniziato l'uso di rinforzare l'opera reticolata con fasce
orizzontali di mattoni o tegole fratte. In età imperiale questo uso si
perfeziona con l'aggiunta di ammorsature laterali, le speccachiature di
reticolato sono così inquadrate da cornici di mattoni. Questa tecnica
è particolarmente utilizzata tra l'età flavia e quella di Antonino Pio.
Opus
latericium (o testaceum).
Dalla crisi della Repubblica iniziano ad apparire le prime cortine di
tegole fratte, che sostituiscono le pareti a blocchetti di tufo. Però
la tecnica si diffonde soprattutto a partire dall'età imperiale: il primo
grande monumento costruito interamente in mattoni sono i Castra
Praetoria di età tiberiana.
L'uso
di bollare i mattoni e le tegole con un marchio di fabbrica
(ausilio prezioso per la datazione delle pareti laterizie) inizia molto
presto, già nel I sec a.C.. Inizialmente i bolli erano
di forma rettangolare allungata, per assumere poi, dall'età flavia, una
forma lunata che si va sempre più chiudendo fino a divenire quasi circolare
nell'età di Caracalla. Da Adriano diventa obbligatoria nei bolli l'indicazione
della data consolare, uso che diminuisce man mano fino a scomparire intorno
al 164. Tra Marco Aurelio e Caracalla finiscono in mano imperiale tutte
le fabbriche private: da allora l'industria dei mattoni divenne un fatto
esclusivamente statale. Poco meno di un secolo dopo la morte di Caracalla
cessa l'uso dei bolli sui mattoni, che riprende con Diocleziano.
Opus
vittatum. All'inizio del IV sec d.C. viene introdotto un
nuovo tipo di paramento, costituito da fasce orizzontali di mattoni, alternate
con parallelepipedi di tufo disposti sempre in fasce orizzontali. La tecnica,
che si prolunga per tutto il IV sec, è tipica a Roma nel periodo di Massenzio
e Costantino.
Immagini delle murature: ©2004 Wilke D. Schram.